Il “periodo buio” della giurisprudenza italiana, verificatosi a seguito della sentenza Car Trim del 2010 della Corte di Giustizia europea[1] sembra essere giunto al termine. Stiamo parlando del fatto che il giudice nazionale competente per il luogo della consegna, in caso di controversie relative a vendite internazionali di merci – competenza alternativa ai sensi dell’art. 7 del Regolamento UE 1215/12 (cosiddetto “Bruxelles I”) – veniva invariabilmente identificato, in mancanza di specifiche clausole contrattuali, avendo riguardo alla destinazione fisica finale dei beni venduti, al di là di ogni termine di resa utilizzato.

Come il lettore ricorderà (si veda i nostri precedenti posts in caso di rese EXW, CIF e FCA, EXW e FCA) i tribunali italiani hanno seguito questa linea, peccando però di zelo eccessivo. Infatti, il criterio della destinazione finale è stato in questi anni utilizzato anche quando il termine di resa in contratto era un termine di partenza (addirittura un EXW Incoterms, che come noto espressamente prevede che la consegna avvenga presso il venditore)[2]. Ciò era palesemente sbagliato (in particolare se si considera il caso Electrosteel, un’altra decisione fondamentale della Corte di giustizia europea[3]).

Ebbene, ora la Cassazione italiana è venuta a capo della questione. Con la sentenza 11346/23[4], i giudici hanno cambiato il loro precedente orientamento, concludendo che, se non diversamente previsto in un contratto di vendita, una clausola EXW Incoterms identifica effettivamente il luogo di consegna presso la sede del venditore – e quindi comporta che il tribunale del venditore possa esser considerato competente.

Il caso riguardava una fornitura di acqua minerale da un produttore italiano (la TAVINA s.p.a. di Salò) ad un grossista alimentare parigino (la PLAISIR SELECTION INTERNATIONAL s.a.r.l.). Nel 2016 gli italiani ottenevano un’ingiunzione di pagamento da parte di un tribunale italiano, per circa 140.000 euro, come prezzo di forniture non pagate. L‘acquirente si opponeva sostenendo che il contratto non prevedeva alcun tribunale competente e che quindi solo il tribunale di Versailles doveva essere competente, sia in quanto foro del convenuto, sia in quanto foro della destinazione finale delle merci. Gli italiani ribadivano – invano – che le forniture chiaramente prevedevano una resa Incoterms EXW. Infatti, sia il tribunale di primo grado che quello d’appello davano ragione all’acquirente.

La questione è infine arrivata in Cassazione e questa, a sezioni unite, ha smentito tali decisioni, stabilendo – si spera – così nuove linee-guida per le future sentenze delle corti di merito.

 

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[1] Sentenza della Corte di giustizia del 25 febbraio 2010 nella causa C-381/08, Car Trim.

[2] E solo ancora nel giugno 2022, con ord. Cass. SU 20633/22 del 28/06/2022, nel caso Euroline Sales & Marketing Ltd (UK) v Falmec spa (IT) dove la dicitura INCOTERMS pareva caratterizzare una resa pacificamene EXW (anche se solo nelle fatture).

[3] Sentenza della Corte di giustizia del 9 giugno 2011 nella causa C-87/10, Electrosteel.

[4] Cass. SU ord. 11346/23 del 02/05/2023 in Tavina spa (IT) contro Plaisir Selection International sarl (FR).

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Author: Carlo Mosca

A lawyer specializing in international commercial transactions. Lexmill's founding partner.

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