Il d.l. 21/2022 impone nuovi obblighi per le imprese edili
Il nostro legislatore, soprattutto nell’ambito del settore edile, da tempo ha posto in essere tutta una serie di interventi per prevenire l’emersione del lavoro irregolare e per contrastare le cd “false partite Iva”, vale a dire tutti quei rapporti di lavoro che pur essendo inquadrati nell’ambito del lavoro autonomo, in realtà celano delle forme di lavoro subordinato.
Già dal 2012 con la legge n. 92[1] il legislatore ha inserito una presunzione legale che al sussistere di determinati indici[2] e in assenza di prova contraria riqualifica il rapporto autonomo con partita Iva in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ovviamente con l’applicazione delle consequenziali sanzioni.
In campo edile, il pericolo di ricadere in detta presunzione sussiste per quelle attività che intervengono nella fase del completamento dell’opera, ovvero in sede di fornitura e realizzazione impiantistica della stessa.
Nel 2021, un’altra stretta sempre per contrastare il lavoro irregolare è stata data con l’introduzione dell’obbligatorietà del cd “DURC di congruità” (che permette di verificare se l’impiego di manodopera utilizzata sia coerente con l’entità e la tipologia dei lavori svolti) per ogni inizio lavori relativo a un nuovo cantiere privato che comporti un valore complessivo superiore a 70mila euro e per quello pubblico senza alcuna soglia minima.
Di recente poi ulteriori norme, dettate nel DL 21/2022[3], impongono nuove regole e restrizioni sulle imprese edili.
In particolare:
– dal 27 maggio 2022 i benefici fiscali connessi ai bonus edilizi[4] saranno riconosciuti, in caso di lavori sopra i 70.000 €, se realizzati da imprese che applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
– dal 1 gennaio 2023 gli incentivi fiscali connessi ai bonus edilizi (di cui agli artt. 119 e 121 del d.l. 34/2022) saranno riconosciuti per lavori sopra i 516 mila euro, solo se realizzate da imprese certificate con l’attestato SOA, rilasciato dalle Società Organismi di Attestazione (fino ad oggi vigente solo per i lavori pubblici), che dimostra che l’impresa opera nel rispetto delle norme UNI EN ISO 9000 ed in ottemperanza alla vigente normativa nazionale.
Una breve proroga, a tale ultima disposizione è già stata concessa. Le imprese che alla data del 1.1.2023 non hanno la certificazione SOA, potranno concludere contratti di appalto o di subappalto, per realizzare i lavori edili dei superbonus, qualora dimostrino l’avvenuta sottoscrizione con una SOA di un contratto finalizzato al rilascio della relativa attestazione.
[1] Legge 28 giugno 2012 , n. 92 – Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (Riforma Fornero).
[2] Elementi da valutare per stabilire se si tratti effettivamente di lavoro autonomo o meno sono ad esempio
- Il possesso e disponibilità di una consistente dotazione strumentale, rappresentata da macchine e attrezzature, da cui sia possibile evincere un’autonoma capacità organizzativa a realizzare le intere opere da eseguire.
- la mono committenza, evincibile dalla durata del rapporto e dalle univoche fatturazioni a un solo committente.
[3] Decreto legge 21.3.2022 n. 21, pubblicato sulla G.U. 21.3.2022 n. 67 ed entrato in vigore il 22.3.2022, contenente “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi Ucraina”.
[4] In particolare si tratta dei benefici previsti dagli artt. 119 (superbonus), 119-ter (c.d. “bonus barriere al 75%”), 120 (credito d’imposta per adeguamento ambienti di lavoro) e 121 del DL 34/2020 (interventi per i quali è possibile optare per la cessione della detrazione o lo sconto sul corrispettivo), nonché quelli previsti dall’art. 16 co. 2 del DL 63/2013 (c.d. “bonus mobili”), dall’art. 1 co. 12 della L. 205/2017 (c.d. “bonus verde”) e dall’art. 1 co. 219 della L. 160/2019 (c.d. “bonus facciate”).