Qualche mese fa ho curato la parte di un corso per “Esperti in crisi d’impresa” – la parte relativa al negoziato.
Quella dell’Esperto è una nuova figura, a metà fra il ‘vecchio’ curatore fallimentare e il commercialista di fiducia che cerca di portare a casa un concordato stragiudiziale. La legge oggi (decreto 118/21 conv. in l. 147/21 – che si può leggere in GU n. 254 del 23-10-2021) impone questa figura d’esperto perché il centro di gravità della normativa (italiana e comunitaria) in tema di crisi aziendali da tempo si sta stabilizzando nell’area dei tentativi di soluzione, piuttosto che in quello di sanzioni meccanicamente applicate.
Quello che si chiede a questo Esperto (indipendente e nominato d’ufficio su richiesta dell’imprenditore in crisi da farsi online su un portale unico nazionale) è così di “agevola[re] le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1 [cioè “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza”] anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”. “Individuare soluzioni”, significa evidentemente non solo capire quali esse possono essere, ma anche costruire consenso attorno ad esse, fra i vari attori potenzialmente interessati. Il che richiede capacità negoziali (oltre che una favorevole configurazione degli astri). Ecco perché il corso di formazione cui debbono necessariamente partecipare i candidati Esperti prevede una parte relativa al negoziato. Ora, vi sono varie scuole di negoziato. Quelle che vanno per la maggiore sono due. La prima è quella che potremmo chiamare ‘scuola tradizionale’, vede il negoziato sostanzialmente come una palestra per un confronto avversariale (muscolare) in cui l’obiettivo di ciascun partecipante è prevalere a scapito degli altri. È la c.d. logica win/lose, gioco a somma zero, che conduce a trattative essenzialmente “posizionali”.La seconda – la c.d. scuola di Harvard – è quella che vede invece il negoziato come un’occasione per combinare in modo intelligente e cooperativo posizioni apparentemente inconciliabili, in una logica win/win nella quale le trattative si basano sulla ricerca degli interessi e dei bisogni di ogni soggetto coinvolto, più che sulle pretese palesate.SI tratta di un approccio sviluppato negli anni ’70 in ambiente accademico statunitense – molti ricorderanno il celebre Getting to Yes di Roger Fisher e William Ury – ed oggi oggetto di raffinata e massiccia promozione a cura dal PON, un consorzio creato nel 1983 dalle università di Harvard, Tufts e MIT. Quello che ho però insegnato, al mio recente corso, è un approccio diverso e nuovo. È basato sulla teoria ‘trasformativa’ del conflitto che descrive le dinamiche del confronto come si sviluppa in situazioni conflittuali (quale facilmente possono generarsi nel corso di un negoziato) e che vede nell’empowerment un concetto base dal quale partire per identificare i modi migliori di negoziare. Empowerment è difficilmente traducibile in italiano anche se l’etimo è facilmente identificabile (power = potenza, forza). “Potenziamento” potrebbe rendere l’idea, ma è bruttino; meglio usare, almeno nel contesto che ci interessa, perifrasi come “processo di rafforzamento della consapevolezza relativa alle proprie capacità decisionali”. Brutto anche questo, invero, ma almeno rende l’idea.Il punto, comunque è che un base alla teoria trasformativa, i soggetti coinvolti in un’esperienza conflittuale facilmente si trovano in uno stato di dis-empowerment e che questo, a causa anche del fatto che tali stati individuali si alimentano a vicenda, attiva spirali distruttive di confronto. Solo invertendo tale trend (cioè attivando i processi di empowerment individuale) è possibile porre le basi per un confronto ‘costruttivo’ e quindi il raggiungimento di soluzioni utili a tutti e da tutti condivise.In parole povere, chi negozia è meglio che cerchi di aumentare l’empowerment dell’’avversario’, piuttosto che no. E ciò oltre che contro-intuitivo, non è affatto facile.Per chi fosse interessato, ne parlerò in un corso che IPSOA pensa di organizzare a metà febbraio 2023.