In una recente sentenza, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha specificato le modalità di etichettatura dei prodotti alimentari provenienti dai territori occupati dallo Stato di Israele, quali la Cisgiordania.
Con una recente pronuncia resa nella causa C-363/18 (Organisation juive européenne-Vignoble Psagot Ltd v Ministre de l’Économie et des Finances), pronunciata il 12 novembre 2019, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha precisato che gli alimenti originari di territori occupati dallo Stato di Israele devono recare l’indicazione del loro territorio d’origine, accompagnata dall’indicazione che trattasi di prodotto proveniente da insediamento israeliano.
Il caso sottoposto alla Corte aveva ad oggetto l’annullamento del parere del 24.11.2016 reso dal Ministro francese dell’Economia e delle Finanza secondo il quale, per gli alimenti prodotti nei territori occupati da Israele dal 1967 (vale a dire le alture del Golan e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est), l’etichettatura dell’origine doveva indicare non solo l’origine esatta dei prodotti (e quindi non genericamente “prodotto di Israele”), ma anche la specifica che tale prodotto proveniva da un territorio occupato da Israele.
Per il ministero francese, la necessità di tale specificazione nasceva dalla considerazione che le alture del Golan e la Cisgiordania non costituiscono, nel quadro del diritto internazionale e della legislazione dell’Unione, parte del territorio di Israele. Di conseguenza, al fine di non indurre in errore il consumatore, l’etichettatura dei prodotti alimentari doveva indicare con precisione l’origine esatta dei prodotti.
Con la decisione richiamata, la Corte nel confermare l’orientamento del parere ministeriale, ha preso le mosse dalla normativa di riferimento, vale a dire il Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25.10.2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.
In particolare, muovendo dagli articoli 9 e 26 del suddetto Regolamento – sulla base dei quali l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza di un alimento è obbligatoria ove la sua omissione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza dell’alimento – la Corte ha puntualizzato che:
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il termine “paese” utilizzato più volte nei Trattati UE quale sinonimo di Stato, si applica anche quei territori che, pur trovandosi sotto la giurisdizione e o sotto la responsabilità internazionale di uno Stato, dispongono tuttavia di uno statuto proprio e distinto da quel Paese
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il termine “luogo di provenienza” comprende qualsiasi spazio geografico determinato situato all’interno del paese o del territorio di origine di un alimento, ad esclusione dell’indirizzo del produttore.
Alla luce della suddetta interpretazione la Corte è giunta a ritenere che:
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il fatto di apporre, su alimenti originari di territori occupati dallo Stato di Israele, l’indicazione secondo cui lo stato di Israele è il loro “paese di origine”, mentre in realtà tali alimenti sono originali della Cisgiordania o delle Alture del Golan, è tale da porre in inganno i consumatori
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detti alimenti devono quindi recare l’indicazione del loro territorio d’origine
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è obbligatorio pure che l’etichettatura d’origine riporti che si tratta di “insediamento israeliano”.
Tanto per permettere al consumatore di effettuare scelte consapevoli nonché rispettose, in particolare, di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed anche etiche: gli insediamenti installati in alcuni dei territori occupati dallo Stato di Israele sono caratterizzati dal fatto di dare attuazione a una politica di trasferimento di popolazione condotta da tale Stato al di fuori del suo territorio, in violazione di norme essenziali del diritto internazionale umanitario.
E’ evidente che il principio dettato nella sentenza della Corte ha portata generale e riguarda tutti i territori occupati.