Una recente decisione del Tribunal Supremo de Madrid in un caso di fornitura di macchinari[1] ci da un’idea di come la CISG – la legge uniforme sulle vendite internazionali di merci di cui alla Convenzione di Vienna 11/04/1980 – possa trovare applicazione.

Nonostante la sentenza riguardi parte straniere e sia emessa da un tribunale non italiano, essa è peraltro rilevante come precedente (sia pur non vincolante) anche per i giudici italiani. Infatti, la CISG richiede agli Stati aderenti (fra i quali l’Italia) che ne venga assicurata uniforme applicazione per quanto possibile e non mancano esempi di casi in cui un tribunale italiano ha poggiato la sua decisione su casi risolti altrove.

Una ditta catalana (la ABT – INGENIERIA Y CONSULTORIA MEDIOAMBIENTAL SA poi INTRAVAL SL) commissionava a cavallo fra 2008 e 2009 ad un fabbricante bavarese (la ECON INDUSTRIES GMBH) la fornitura di una unità di desorbimento termico (TDU – Thermal Desorption Unit), macchinario per il trattamento ad alta temperatura di materiale contaminato.

L’unità era destinata ad un impianto di smaltimento rifiuti a Dinnington nello Yorkshire (GB), cliente della INTRAVAL, e le performances richieste alla DTU prevedevano in particolare la possibilità di trattare 2t/h di rifiuti ad una data temperatura. Il contratto tra ECON e INTRAVAL prevedeva la fornitura della macchina e l’assistenza post-vendita per la sua installazione. Naturalmente la macchina, una volta installata, doveva passare dei test di collaudo ed era previsto il ricorso ad un ente certificatore terzo nel caso le parti non concordassero sull’esito dei tests. Per eventuali controversie veniva indicato il tribunale di Barcellona mentre non veniva precisato in contratto da quale legge lo stesso fosse regolato.

Dopo un’ispezione pre-consegna che diede esito positivo, la macchina arrivò a destinazione nell’estate del 2009, come da programma. Peraltro, nel corso dell’installazione e messa in funzione si verificarono vari inconvenienti sia relativi all’hardware che al software, tanto che la messa in funzione subì dei ritardi di cui sia ECON che INTRAVAL si rinfacciarono la responsabilità. Una prima prova di funzionamento/rendimento venne effettuata quasi un anno dopo dall’inizio delle operazioni e l’attestato emesso dal terzo certificatore incaricato (la FICHTNER CONSULTING ENGINEERS LTD) fu negativo. Pure una seconda prova effettuata a maggio 2011 ebbe stesso esito. La TDU continuò a lavorare ancora per qualche mese anche se a regime ridotto per poi essere fermata.

Da quel momento nulla accadde per un ben po’. Solo nel dicembre 2012 (il dato è importante, come vedremo più sotto) la INTRAVAL denunciò formalmente (tramite notaio!) il fatto che la TDU non era conforme e ingiunse formalmente ad ECON di sistemare le cose in modo tale che il macchinario potesse raggiungere le performances pattuite. Poiché questo non avvenne, almeno a dire della INTRAVAL, questa avviò nel novembre del 2013 una causa a Barcelona per sentir dichiarare la risoluzione del contratto, la restituzione di quanto pagato (ca. €2.3m) e la condanna della ECON al risarcimento dei danni creati (ca. €2.1m). In causa, la ECON sollevò subito la questione della tardività, da parte di INTRAVAL, nella denuncia delle non-conformità riscontrate.

Il giudice di primo grado diede ragione alla INTRAVAL[2] sostenendo che comunque la stessa aveva inviato la sua denuncia entro i due anni previsti dall’art. 39 CISG che recita:

  • (1) Il compratore perde il diritto di far valere un difetto di conformità della merce se non lo comunica al venditore, precisandone la natura, entro un termine ragionevole a partire dal momento in cui l’ha scoperto o avrebbe dovuto scoprirlo.

  • (2) In ogni caso, il compratore perde il diritto di far valere il difetto di conformità della merce se non lo comunica al venditore al più tardi entro due anni dalla data in cui la merce gli è stata effettivamente rimessa, a meno che tale scadenza non sia incompatibile con la durata di una garanzia contrattuale.

Il giudice d’appello invece diede ragione a ECON[3] valutando che il termine di due anni era stato sì rispettato dalla INTRAVAL, ma chiaramente una denuncia fatta un anno e 7 mesi dopo la seconda prova era da considerarsi senz’altro tardiva ai sensi del 39(1) CISG. La causa è quindi finita quindi avanti al Tribunal Supremo (sorta di nostra Cassazione) che ha confermato la sentenza di appello.

Al di là delle vicissitudini della TDU, il caso è interessante sotto il profilo giuridico perché:

  • La fornitura è stata considerata contratto di “vendita internazionale”, come tale attratto nella disciplina della CISG. I servizi di montaggio e messa in funzione sono quindi stati considerati accessori all’obbligazione principale che consisteva nella fornitura della macchina.

  • il contratto senz’altro regolato dalla CISG. In assenza di diversa indicazione, infatti, la CISG si applica (art. 1(1)(a) nei rapporti fra operatori aventi sede d’affari in Stati aderenti alla CISG (quali sono Germania e Spagna). Irrilevante il luogo di destinazione finale della merce (UK (che per inciso non è aderente CISG).

  • Per le questioni che non rientravano nel campo di applicazione della CISG è stato ritenuto applicabile il diritto tedesco[4] cioè quello della parte tenuto alla prestazione caratterizzante il contratto (la ECON) visto che la macchina doveva essere fabbricata in Germania[5].

  • È stato correttamene stabilita la correlazione distinzione fra il termine “ragionevole” previsto al 39(1), e quello di “due anni” previsto al 39(2) chiarendo come il secondo sia un termine ultimo, che non pregiudica l’applicazione del primo precetto, laddove possibile. L’aver atteso oltre un anno e mezzo per denunciare i vizi, ammonta pure, agli occhi del TS ad una violazione della buona fede che deve guidare il comportamento delle parti (art. 7 CISG). Per inciso, sono entrambi termini, diremo noi, di decadenza (essendo le questioni prescrizione materia estranea alla CISG – nel caso in questione da vedersi quindi alla luce del diritto tedesco)[6].

 

 

Chi fosse interessato a ricevere (gratuitamente) copia integrale delle decisioni commentate, scriva a newsletter@lexmill.com.

 

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[1] Tribunal Supremo (Madrid) sent. 398/2020 del 06/07/2020.

[2] Juzgado de Primera Instancia n. 29 de Barcelona, sent. 30/04/2015.

[3] SAP Barcelona, sent. 01/06/2017 (859/2015).

[4] Art. 7(2) CISG “Le questioni che, pur riguardando materie regolate dalla presente Convenzione, non siano in essa espressamente risolte, devono essere risolte conformemente ai principi generali su cui essa si basa o, in mancanza di tali principi, conformemente alla legge applicabile in virtù delle norme di diritto internazionale privato”.

[5] Art. 4 Reg. CE 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. Reg. Roma I): “In mancanza di scelta esercitata ai sensi […], la legge che disciplina il contratto è determinata come segue: a) il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale”.

[6] Si consideri che esiste in materia uno strumento convenzionale in qualche modo collegato alla CISG, vale a dire la Convenzione di New York del 14/06/1974 in tema di termini di prescrizione nei contratti di vendita di merci. Detta convenzione, a differenza della CISG non ha goduto di analoga fortuna: è oggi in vigore da poco più di una ventina di Stati (laddove la CISG ha quasi raggiunto il centinaio di adesioni) e fra essi non figurano né Spagna né Germania (e neppure l’Italia, per inciso).

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Author: Carlo Mosca

A lawyer specializing in international commercial transactions. Lexmill's founding partner.

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