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REGOLE SULLA VENDITA INTERNAZIONALE. Uniformi solo in parte

By 17 September 2012 December 29th, 2022 No Comments

La convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 portante una legge uniforme sui contratti internazionali di vendita di merci (CISG), fra poco compirà 24 anni dalla sua entrata in vigore sul piano internazionale (dicembre 1988). Ampiamente maggiorenne ormai ed è giustamente celebrata come uno dei maggiori successi (non molti, invero) nello sforzo titanico fatto da più parti di unificare le norme dei vari paesi. Ad oggi sono 78 gli Stati aderenti (fra cui l’Italia ed i suoi maggiori partners commerciali, dalla Germania agli USA o alla Cina – per una lista completa clicca qui), e la convenzione si dice regoli così i traffici di almeno 2/3 del commercio internazionale.
Il successo si deve al fatto che le norme in questione sono attinenti ad un settore specifico (quella della compravendita di merci) e che questo è intuitivamente uno dei più ‘battuti’ dagli operatori internazionali. Si debbono anche al fatto che, per non riuscire ad affrontare alcuni temi particolarmente controversi, la convenzione li ha semplicemente lasciati da parte, confidando sull’interpretazione che negli anni sarebbe stata elaborata dai tribunali che sarebbero stati investiti della questione e sull’evoluzione della sensibilità degli operatori stessi del commercio internazionale, che sarebbero interventi a regolare quanto non era possibile regolare d’autorità.
Il tempo passato permette ora di mettere a fuoco anche i difetti di questo strumento.
In primo luogo, la sua rigidità: si tratta di una convenzione, cioè un patto fra Stati e – come i regolamenti di condominio, per fare un paragone più accessibile – è impensabile che anche una virgola venga modificata senza l’assenso di tutti gli Stati aderenti, il che ne impedisce l’adattamento alle mutate circostanze. Cosa invece possibile con strumenti diversi che peraltro ne diminuirebbero il grado di vincolarità (si pensi ad un esempio di soft law come i Principi Unidroit che han già conosciuto due revisioni, nel 2004 e nel 2010, dopo la prima uscita del 1994).
In secondo luogo, la sua scarsa propensione a disciplinare il commercio delle commodities sia dry che wet (grano, caffè, petrolio, …) che spiega anche l’irriducibile ostilità del Regno Unito (ad oggi l’unico paese comunitario a non avervi aderito), i cui operatori si trovano più a loro agio con la tradizionale English law, a dispetto del fatto che i cugini statunitensi d’oltre oceano sono stati fra i primi a recepire Vienna nel loro ordinamento. Per un commento al riguardo clicca qui.

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