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IVA ED E-COMMERCE TRANSFRONTALIERO. Le novità

By 3 September 2021 December 28th, 2022 No Comments

Parliamo quindi di operazioni B2C (Business to Consumer), un tempo marginali ed ora in tumultuosa crescita (gli acquisti su questo canale fatti da consumatori italiani sono stati nel 2020 di ca. €26 miliardi e per il 2021 si prevede una chiusura intorno ai €30 miliardi).

Il fenomeno data, a livello globale, solo una ventina d’anni ed è stato ovviamente determinato dalla crescente disponibilità di connessioni digitali e organizzazione della logistica. In epoca precedente, un acquisto oltre frontiera avveniva praticamente solo in occasione di un viaggio. Certo, potevano esserci vendite a distanza, o basate su ordini ricevuti da clienti dall’estero, ma in entrambi i casi si trattava di fenomeni marginali. La quasi totalità degli acquisti fatti da un consumatore avveniva presso fornitori del suo paese (presso negozi, spacci aziendali, al mercato, …). Oggi la situazione è totalmente cambiata: chiunque con pochi click su un portatile o uno smart phone può fare acquisti ovunque e vedere la merce arrivare dopo pochi giorni. Acquistare online a distanza – e quindi anche da fornitori stranieri – sta diventando la norma, più che l’eccezione.

L’IVA è un tributo nazionale sui consumi che la maggior parte dei Paesi esigono (fanno eccezione notevole gli USA). È un sistema di tassazione indiretta introdotto da molti alla fine degli anni ‘60 ed affermatosi a livello globale negli anni ’80 – quindi ben prima della rivoluzione digitale. Come noto, si applica indifferenziatamente (cioè a prescindere dal reddito del soggetto coinvolto nell’operazione) ad ogni passaggio nella catena del prodotto e grava, in ultima istanza, sul consumatore finale (che non può compensarla, a differenza degli operatori professionali a monte, con l’IVA pagata sugli acquisti fatti).

Per quanto riguarda l’Unione Europea, l’IVA si applica in genere a tutte le vendite di beni o servizi utilizzabili all’interno dell’Unione. L’Unione lascia gli Stati Membri liberi di fissare le aliquote (pur entro certi parametri – l’aliquota normale minima è il 15%), ma esige comunque che le operazioni intra-UE mantengano i principi di neutralità per gli intermediari e tassazione nel luogo di destinazione (cioè l’IVA incassata viene riscossa dal fisco del paese in cui il servizio viene reso od il bene viene consegnato).

La rilevanza assunta dall’e-commerce ha determinato un ripensamento delle regole degli acquisti, in particolare di beni di valore modico, fatti tramite portali e-commerce (del fornitore stesso o, più frequentemente, marketplaces terzi – tipo Amazon), nell’ottica di semplificare le procedure e favorire una sempre maggior diffusione del mezzo a livello intra comunitario. Già nel 2015 è stato introdotto per i servizi di telecomunicazione e audio/video un sistema (c.d. MOSS – Mini One-Stop Shop).

Le novità, introdotte dalle direttive 2017/2455 e 2019/1995 (recepite in Italia con decreto legislativo 83 del 25/05/2021) e dal Reg. UE 2019/2026, sono in vigore dal 1° luglio 2021.

Eccone il sunto.

Beni che arrivano da fuori UE

La merce che arriva da fuori UE è in genere gravata (oltre che dai dazi) dall’IVA all’importazione, un tributo imposto dallo Stato Membro in cui la merce viene immessa in commercio. La ratio è quella di allineare il costo delle merci extra-UE a quello di merci simili UE (già caricato di IVA nei vari passaggi produttivi e distributivi).

Al pagamento dell’IVA all’importazione possono essere tenuti in via teorica sia venditore (se ha deciso di consegnare merce già sdoganata) che compratore. Nei fatti, l’onere dell’IVA viene sempre messo alla fine in conto a chi compra e le operazioni di importazione sono curate, se non dal venditore stesso, da chi cura trasporto e consegna. In tale ultimo, frequente, caso il consumatore può avere spiacevoli sorprese: aveva ordinato e pagato per €50 ma, quando arriva il pacco, il corriere gli chiede ulteriori €20 per IVA e oneri vari.

Abolizione della franchigia dei €22. La prima novità del nuovo regime IVA è costituita dalla cancellazione della franchigia di cui godevano gli oggetti dichiarati di valore inferiore a €22. Oggi l’IVA va pagata su tutti i beni importati, indipendentemente dal loro valore. Da un lato, ci si è accorti (o presuntivamente si è temuto) che troppo spesso il valore dichiarato era fittiziamente inferiore al tetto dei €22; dall’altro, le transazioni sottosoglia hanno assunto un volume troppo importante per essere trascurato.

Il nuovo sistema I-OSS. Per semplificare le operazioni di importazione e pagamento della relativa IVA, è stato approntato, sulla falsariga del MOSS, un sistema denominato I-OSS (Import One-Stop Shop) che permette ai fornitori e ai marketplaces (se la vendita avviene tramite essi) di occuparsi, da un portale, di tutte le operazioni relative all’IVA, esentando così il consumatore/compratore di ogni onere al riguardo ed evitandogli brutte sorprese all’atto del ricevimento del pacco ordinato. L’IVA viene infatti calcolata già nel prezzo da pagare al momento dell’ordine.

Dal punto di vista del venditore, il sistema presenta poi la comodità di poter aprire (direttamente o, se extra UE, tramite un proprio rappresentante fiscale) un’unica posizione presso uno qualsiasi degli Stati Membri, sulla quale registrare tutte le operazioni e pagare (mensilmente) l’IVA incassata (insieme al prezzo, quindi prima dell’importazione nella UE), anche relativa a vendite a clienti di altri Stati Membri. Sarà poi l’amministrazione finanziaria dello Stato designato a smistare l’IVA dovuta ai vari altri Stati.

Se il fornitore non usasse il sistema I-OSS e decidesse di mettere la merce a disposizione dei compratori già sdoganata, sarebbe costretto ad aprire una posizione IVA in ognuno degli Stati Membri in cui i suoi prodotti devono essere consegnati.

Vi sono due aspetti da considerare, peraltro:

  • l’utilizzo del sistema I-OSS è facoltativo;

  • il sistema I-OSS vale solo per vendite che non eccedono i €150 (inteso come tetto di valore di ogni singola consegna, indipendentemente dal numero di oggetti venduti) e non riguardano beni gravati da accise (come tabacco e alcoolici).

Acquisti quindi fatti presso un fornitore non registrato I-OSS, o, comunque, di valore eccedente i €150 o di beni gravati da accise, sono sottoposti alle regole ‘normali’: a meno che il venditore non metta a disposizione merce già sdoganata, il pagamento dell’IVA sarà a carico del compratore/importatore e sarà in genere anticipata dal vettore in sede di importazione (a seguito di ordinaria dichiarazione doganale) e recuperata poi in sede di consegna (e ciò comporterà i rischi sopra considerati di esborsi addizionali, magari non previsti dall’interessato). Con l’aggravio poi che non c’è più la comoda franchigia dei €22.

Beni che circolano all’interno della UE

Una volta che un bene è stato importato nel territorio dogale UE, può circolare liberamente.

I trasferimenti da Stato Membro a Stato Membro, pur non essendo ‘importazioni’, sono pur sempre operazioni rilevanti a fini IVA e, stante la diversità delle aliquote e l’esistenza di tante amministrazioni fiscali quanti sono gli Stati, presentano caratteristiche necessariamente diverse dalle operazioni che si esauriscono all’interno di un singolo paese.

Con il 1° luglio 2021 s’è fatto un passo avanti verso l’uniformità: la creazione di un mercato unico digitale che elimini il più possibile le differenze fra Stati Membri.

La soglia unica. In base al regime precedentemente in vigore, un fornitore e-commerce applicava alle sue vendite transfrontaliere l’aliquota IVA del proprio paese, ma solo se i volumi restavano entro certi limiti quantitativi (variabili da Stato a Stato; in genere €35,000, ma nel caso della Germania si arrivava a €100,000). Se li superava, doveva aprire partita IVA (con tutte le conseguenze del caso: tenuta libri, denunce periodiche, …) nello Stato in questione. Una notevole complicazione, soprattutto per le PMI.

.. ed il sistema OSS. Oggi, la soglia è stata abbassata, per tutti i venditori stabiliti nella UE, a €10,000 (il che è poco, ma almeno è un tetto unificato), e la registrazione in ognuno dei Paesi in cui si opera diventa facoltativa. È possibile, infatti, in alternativa, operare tramite il nuovo sistema OSS (One-Stop Shop), dalle caratteristiche analoghe a quello I-OSS sopra considerato e già testato con il MOSS per le vendite di servizi digitali di telecomunicazione e video/radiodiffusione.

Registrandosi presso il sistema OSS (il che non è obbligatorio, ma a questo punto altamente consigliabile), il venditore (sia stabilito nella UE che non), può registrarsi come soggetto IVA in un solo Stato e versare (trimestralmente) l’IVA dovuta ai vari Stati (alle rispettive aliquote) senza dover aprire in essi partita IVA. Per i venditori stabiliti nella UE, poi, è stata prevista la citata soglia di €10,000: se le loro vendite in altri Stati UE non superano nel complesso i €10,000 (imponibile aggregato), si applica il regime IVA dello Stato di registrazione, senza doversi preoccupare delle diverse aliquote di ogni singolo Stato Membro.

Registrazione e compensazione IVA

La registrazione allo I-OSS o all’OSS ha effetto dal primo quadrimestre utile successivo alla richiesta fatta. Tuttavia, nel caso dell’OSS, è possibile far rientrare nello schema anche operazioni fatte nel frattempo, a patto che si dia pronta informazione (entro il 10 del mese successivo alla data della prima vendita) alle autorità fiscali del paese di registrazione.

Non è permesso compensare, in entrambi gli schemi, IVA a debito con IVA a credito. Se un operatore deve recuperare l’IVA a credito in paesi in cui non ha partita IVA, potrà farlo con l’ordinaria procedura di rimborso.

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Author: Carlo Mosca

A lawyer specializing in international commercial transactions. Lexmill's owner.

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