Le sanzioni imposte alla Russia (e in misura simile anche ai Paesi conniventi) dopo l’invasione della Crimea nel 2014, rientrano fondamentalmente in due categorie:
– la prima consiste in una serie di misure (in particolare il congelamento dei beni esistenti nell’UE e un divieto generale di circolazione) contro individui o entità che sono considerati responsabili delle decisioni o di un importante sostegno collaterale nell’attuale politica russa (in altre parole, Putin, la sua banda e tutte le organizzazioni controllate). Ciò è stato stabilito dal Regolamento 2014/269 del 17 marzo 2014;
– la seconda consiste in una serie di disposizioni volte a prevenire o regolare l’importazione e l’esportazione di determinati beni/tecnologie tra l’UE e la Federazione Russa. Ciò è stato stabilito dal Regolamento 2014/833 del 31 luglio 2014.
L’UE ha imposto sanzioni simili alla Bielorussia per la sua complicità nell’aggressione militare della Russia all’Ucraina.
Dal 2014 entrambi i regolamenti sono stati costantemente modificati, nel senso di inasprire i vincoli, attraverso interventi correttivi chiamati “pacchetti”. Pochi giorni fa, il Consiglio dell’UE ha adottato il 14° pacchetto. Sul sito ufficiale dell’UE è possibile accedere facilmente a tutti gli strumenti giuridici relativi alle sanzioni dell’UE adottate finora. È disponibile anche una versione consolidata non ufficiale dei Regolamenti 269 e 833.
Come di solito accade quando vengono adottate sanzioni contro uno Stato, questo cerca di trovare il modo di evitarle. Il modo più semplice è la triangolazione. Le merci entrano o escono dallo Stato sanzionato, passando per un terzo Stato compiacente.
Sebbene sia difficile intercettare le singole transazioni fraudolente, le statistiche generali (per quanto in parte inaffidabili) forniscono un quadro generale. Ad esempio, le esportazioni dall’UE verso il Kazakistan nel 2023 mostrano un aumento del 5,6% rispetto al 2022. Cifre simili sono riportate per gli Emirati Arabi Uniti, la Serbia, la Turchia e altri Paesi ex sovietici che sono fortemente in odore di fungere da piattaforma per la riesportazione in Russia.
Una contromisura potrebbe essere quella di responsabilizzare gli operatori commerciali[1]. La clausola “No Russia” (“No re-export to Russia”, anzi) serve proprio questo.
L’art. L’art. 12-octies (12g) del Reg. 833 prevede ora quanto segue:
-
All’atto della vendita, fornitura, trasferimento o esportazione in un paese terzo, ad eccezione dei paesi partner elencati nell’allegato VIII, di beni o tecnologie elencati negli allegati XI, XX e XXXV del presente regolamento, prodotti comuni ad alta priorità, o armi da fuoco e munizioni elencate all’allegato I del regolamento (UE) n. 258/2012, a decorrere dal 20 marzo 2024 l’esportatore vieta per contratto la riesportazione in Russia e la riesportazione per un uso in Russia.
-
Il paragrafo 1 non si applica all’esecuzione di contratti conclusi prima del 19 dicembre 2023 fino al 20 dicembre 2024 o fino alla loro data di scadenza, se anteriore.
-
In applicazione del paragrafo 1 gli esportatori provvedono a che l’accordo con la controparte del paese terzo preveda rimedi adeguati in caso di violazione di un obbligo contrattuale stipulato in conformità del paragrafo 1.
-
Se la controparte di paese terzo viola uno degli obblighi contrattuali stipulati in conformità del paragrafo 1, gli esportatori ne informano l’autorità competente dello Stato membro in cui risiedono o sono stabiliti non appena vengono a conoscenza della violazione.
-
Gli Stati membri si informano reciprocamente e informano la Commissione dei casi individuati di violazione o elusione di un obbligo contrattuale stipulato in conformità del paragrafo 1.
Ciò significa che qualsiasi esportatore dell’UE, nel trattare con un acquirente stabilito in un Paese “discutibile” (cioè non membro dell’UE, né elencato nell’Allegato VIII, che ora include Norvegia, Svizzera, USA, , Giappone, Regno Unito, Corea del Sud, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Liechtenstein e Islanda), deve formalmente concordare un divieto a carico dell’acquirente di non riesportare o lasciare che le merci/tecnologie vendute vengano utilizzate in Russia. Inoltre, nella clausola devono essere previsti rimedi adeguati in caso di violazione della stessa. È stato inoltre previsto l’obbligo di denuncia alle autorità competenti in caso di violazione.
La misura è stata introdotta in occasione dell’adozione del cosiddetto 12° pacchetto di sanzioni, il 18 dicembre 2023, con effetto dal 20 marzo 2024 (i contratti già in essere nel dicembre 2023, tuttavia, hanno ottenuto una sospensione di un anno).
Non esiste una formulazione precisa che una clausola No-Russia debba avere. Tuttavia, il seguente standard è stato diffuso dalla Commissione UE[2]:
“(1) L'[Importatore/Acquirente] non vende, esporta o riesporta, direttamente o indirettamente, nella Federazione russa o per uso nella Federazione russa merci fornite nell’ambito del presente accordo o in relazione ad esso che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 12 octies del regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio.
(2) L'[Importatore/Acquirente] si impegna a fare del suo meglio per garantire che lo scopo del paragrafo (1) non sia vanificato da terzi a valle della catena commerciale, compresi eventuali rivenditori.
(3) L'[importatore/acquirente] istituisce e mantiene un meccanismo di monitoraggio adeguato per individuare comportamenti di terzi a valle della catena commerciale, compresi eventuali rivenditori, che possano vanificare lo scopo del paragrafo (1).
(4) Qualsiasi violazione dei paragrafi (1), (2) o (3) costituirà una violazione sostanziale di un elemento essenziale del presente Accordo, e l'[Esportatore/Venditore] avrà il diritto di richiedere rimedi appropriati, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo: (i) la risoluzione del presente Accordo; e (ii) una penale pari al [XX]% del valore totale del presente Accordo o del prezzo delle merci esportate, se superiore.
(5) L'[Importatore/Acquirente] informerà immediatamente l'[Esportatore/Venditore] di eventuali problemi nell’applicazione dei paragrafi (1), (2) o (3), comprese eventuali attività pertinenti da parte di terzi che potrebbero vanificare lo scopo del paragrafo (1). L'[Importatore/Acquirente] mette a disposizione dell'[Esportatore/Venditore] le informazioni relative all’adempimento degli obblighi di cui al paragrafo (1).
Naturalmente, la stesura può essere adattata alle esigenze di ogni operatore. L’importante è cogliere lo spirito dell’obbligo e porre un ostacolo efficace e serio al rischio di aggirare il divieto.
Va detto che l’obbligo è oggi limitato a determinati tipi di beni/tecnologie (ossia –
– beni a duplice uso
– beni per l’aviazione elencati nell’Allegato XI
– carburanti e additivi elencati nell’Allegato XX,
– armi e munizioni di cui all’Allegato XXXV,
– alcuni altri beni e tecnologie sensibili, elencati nell’Allegato XL.
Tuttavia, una clausola No-Russia (nella forma sopra descritta, o qualsiasi altra di effetto simile) può essere utilmente utilizzata in qualsiasi caso di fornitura di beni/tecnologie diverse da quelle contemplate nell’art. 12-octies, e già sotto embargo. È il caso, ad esempio, di –
– dei beni o delle tecnologie relative all’industria estrattiva, elencati nell’Allegato II
– dei beni di lusso elencati nell’Allegato XVIII
– dei beni “che potrebbero contribuire al potenziamento delle capacità industriali russe”, elencati nell’Allegato XXIII.
tenendo presente che l’esportazione “indiretta” degli stessi è espressamente vietata.
Chi fosse interessato a ricevere (gratuitamente) copia integrale dei documenti commentati, scriva a newsletter@lexmill.com.
______________
[1] La Commissione europea ha richiesto l’uso di dovuta diligenza agli operatori economici, agli importatori e agli esportatori del 01-04-2022 (2022-C 145 I-01).
[2] Si vedano le FAQ della Commissione europea sulle sanzioni contro la Russia e la Bielorussia, con particolare attenzione alla seguente disposizione: Articolo 12g del Regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio, del 22 febbraio 2024, in https://finance.ec.europa.eu/publications/no-re-export-russia-clause_en.