Pensate ad uno Stato vassallo moderno: chi viene in mente? Beh, forse la Bielorussia (Belarus, Russia Bianca) è uno dei primi.
Territorialmente non irrilevante (è quasi 2/3 dell’Italia), la Bielorussia nasce come Stato a sé stante poco più di cent’anni fa, dai tumu
lti della Rivoluzione d’Ottobre ma vede fissati i suoi confini attuali solo nel 1939. Da sempre nell’orbita russa, solo nel 1990-91 guadagna la formale indipendenza dall’URSS. Per ricadere subito dopo (e stare sino ad oggi) sotto la dittatura di fatto del primo e unico presidente eletto, Aleksandr G. Lukashenko.
Il termine “Stato vassallo” è usato per designare entità formalmente autonome, ma di fatto controllate da uno Stato terzo. Imperi del passato hanno utilizzato spesso tale formula, che combina il vantaggio di poter disporre di cuscinetti di difesa esterna con quello di non doversi occupare della gestione corrente di territori e popoli stranieri. L’impero ottomano, ad esempio, aveva più di una ventina di Stati vassalli (i principati di Serbia, quello di Moldavia, quello di Bulgaria, …), ed ancor prima l’Impero romano trattava come clientes regni come quello di Pergamo, Armenia, la stessa Britannia…). Ma, in tempi più moderni – e per rimanere in zona – l’intera area cuscinetto est-europea (Germania Est, Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Albania, i paesi baltici) può dirsi essere stata composta da Stati vassalli dell’URSS.
Lì, poi, cose sono andate come sappiamo ed oggi Mosca può trattare la sola Bielorussia come tale (per tacere del fatto che – beffe della storia – la stessa Russia rischia di diventare vassallo della Cina, se già non lo è).
Primo dovere di uno Stato vassallo è quello di seguire le direttive del padrone, soddisfare i suoi bisogni e condividere i suoi interessi – ed è quello che la Bielorussia più o meno disciplinatamente fa anche se per esigenze di scena Minsk a volte fa le bizze. Per venire ai giorni nostri ed all’operazione Ukraina, la Bielorussia ha permesso il transito nel suo territorio e lo stanziamento di truppe russe di invasione (Wagner inclusa) e (pare) dispiegamento di armi atomiche a ridosso del suo confine sud. Sono quasi 900 km, con Kiev a soli 140 km in linea d’aria.
Al di là di questo, ci interessa però il ruolo di “porta di servizio” di Mosca per l’import/export di merci, servizi e tecnologia sotto embargo.
Sanzioni contro la Bielorussia sono state adottate in sede UE già in marzo 2022, a meno di un mese dall’avvenuta invasione. Nell’ottobre di quell’anno, il Consiglio UE chiedeva formalmente a Minsk di non supportare Mosca. Parole al vento, tanto che in agosto 2023, la Bielorussia veniva formalmente sottoposta ad un regime di sanzioni parallelo a quello già in vigore contro la Russia. La misura è stata rafforzata qualche giorno fa a seguito dell’adozione del 14° pacchetto di sanzioni contro la Russia. A fine giugno sono infatti stati modificati due provvedimenti adottati nel 2006 e nel 2012: la Decisione 2012/642/CFSP (2012) (misure restrittive relative agli scambi commerciali e operazioni finanziarie) ed il Reg. UC 765/06 (misure restrittive nei confronti di A Lukashenko e altre persone chiave del suo regime)[1]. In particolare, è stato introdotto (nuovo art. 5d della Dec 2012/642 testo aggiornato) l’obbligo di inserire in tutti i contratti conclusi dopo il 01/07/2024 (ed almeno sino a fine febbraio del prossimo anno) una clausola “NO BELARUS” (cioè “NO RE-EXPORT TO BELARUS”) nelle transazioni commerciali relative a certi prodotti:
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armi e munizioni (All. XVI Reg. 765/2006 e All. I Reg 258/2012);
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beni, carburanti e tecnologia per avionica (All. XVII e XXVIII Reg. 765/2006);
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beni considerati “sensibili” (All. XXX Reg 765/2006)
In buona sostanza, qualsiasi esportatore dell’UE, nel trattare con un acquirente stabilito in un Paese “discutibile” (cioè non membro dell’UE, né elencato nell’Allegato Vba Reg 765/2006, che ora include Norvegia, Svizzera, USA, Giappone, Regno Unito, Corea del Sud, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Liechtenstein e Islanda), deve formalmente concordare un divieto a carico dell’acquirente di non riesportare o lasciare che le merci/tecnologie vendute vengano utilizzate in Bielorussia. Inoltre, nella clausola devono essere previsti rimedi adeguati in caso di violazione della stessa. È stato inoltre previsto l’obbligo di denuncia alle autorità competenti in caso di violazione.
La disposizione replica quanto già previsto con l’analogo obbligo di clausola “NO RUSSIA” (v. qui: https://www.lexmill.com/clausola-no-russia-cose-e-come-scriverla).
Come avvertito nei riguardi di questa, l’inserimento della clausola NO BELARUS conviene sia fatto con riferimento a tutti i beni sotto embargo (molto più numerosi di quelli sopra citati), in considerazione del fatto che ne è vietata, in generale, l’esportazione ‘indiretta’. Si consideri che quello che la UE vuole prevenire non sono solo le attività volte espressamente ad aggirare il cordone sanitario, ma anche quelle poste in essere con la consapevolezza che tale potrebbe esserne l’effetto.
Al riguardo è da ricordare la decisione della Corte di Giustizia UE nel caso Afrasiabi[2] relativo ad un procedimento penale avviato in Germania a carico di cittadini iraniani e tedeschi implicati nella vendita di beni funzionali al programma missilistico nucleare iraniano. Nell’occasione la Corte statuì, con riferimento alle restrizioni in vigore contro l’Iran – reg. 423/2007 – (ma l’affermazione può essere ragionevolmente estesa a tutti i casi simili) che le attività vietate comprendono quelle che
“sotto un’apparenza formale che consente loro di sottrarsi agli elementi costitutivi di una violazione dell’art. […], hanno nondimeno per obiettivo o per risultato, diretto o indiretto, di vanificare il divieto sancito da quest’ultima disposizione” e che “i termini «consapevolmente» e «deliberatamente» comportano gli elementi cumulativi della conoscenza e della volontà, i quali ricorrono quando la persona che partecipa a un’attività avente un tale obiettivo o un tale risultato lo persegue deliberatamente o, perlomeno, considera che la sua partecipazione possa avere tale obiettivo o tale risultato e ne accetta la possibilità”.
Chi fosse interessato a ricevere (gratuitamente) copia integrale dei documenti commentati, scriva a newsletter@lexmill.com.
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[1] CONSIGLIO UE, Decisione (PESC) 2024/1864 del 29/06/2024 “che modifica la decisione 2012/642/PESC relativa a misure restrittive in considerazione della situazione in Bielorussia e del coinvolgimento della Bielorussia nell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina” e CONSIGLIO UE, Regolamento 2024/1865 del 29/06/2024 “che modifica il regolamento (CE) n. 765/2006, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Bielorussia e del coinvolgimento della Bielorussia nell’aggressione russa contro l’Ucraina” – entrambi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale UE (serie L) il 30/06/2024 con effetto dalla mezzanotte del 1 luglio.
[2] ECJ, sent. 21/12/2011 nel caso C-72/11 (in GUUE C2011, 874ss).