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AGENTI IN PROVA. Nota a caso CMR v DTT (ECJ C-645/16)

By 1 September 2018 December 29th, 2022 No Comments

La Corte di Giustizia continua a metter ordine in materia di agenzia. Nonostante, infatti, sian passati ormai più di trent’anni dall’emanazione della direttiva sul tema (dir. 86/653/CEE), in molti Paesi continuano a praticarsi prassi difformi, spesso frutto di vecchie impostazioni dottrinarie.

È il caso del contratto in prova, vale a dire un contratto sottoposto ad una condizione risolutiva entro (o alla fine di) un dato periodo di osservazione. La cosa ha un suo senso, ovviamente, perché il rapporto mandante/agente come altri di collaborazione (in primis con i dipendenti) si basa sulla fiducia e sulle capacità che l’interessato dimostra di possedere (necessariamente solo DOPO aver cominciato a lavorare).

La direttiva 86/653 non dispone nulla al riguardo e quindi, di fatto, ogni Stato membro ha continuato a trattare la questione come usava fare prima della direttiva. In Francia, in particolare, l’orientamento della giurisprudenza andava nel senso che (a) la prova era legittima e (b) all’agente che non la superava nulla spettava a titolo di indennità (rectius risarcimento) finale (sulla fictio che un contratto non poteva dirsi concluso se non con l’esito positivo della prova).

Anche l’Italia, per inciso, tale impostazione aveva un certo seguito, in larga parte applicando per analogia norme dettate in materia di lavoro dipendente. Invero si è discusso più che altro sulla c.d. “supplettiva di clientela” (un’indennità prevista dagli AEC, salvo il caso – appunto – che il rapporto non cessasse per fatto imputabile all’agente).

La direttiva 1986 peraltro ha introdotto il diritto inderogabile dell’agente ad un’indennità finale di avviamento (o, come in Francia, di un risarcimento per il danno subito) in via generale (art. 17), prevedendo (art. 18) tre casi specifici nei quali questa non è dovuta, e cioé:

  • inadempimento grave dell’agente che giustifichi una rottura in tronco del rapporto;

  • recesso dello stesso agente per ragioni diverse da un inadempimento della mandante;

  • cessione del contratto a terzi, da parte dell’agente.

A questi va aggiunto un quarto caso: la mancata richiesta del pagamento dell’indennità da parte dell’agente, entro un anno dalla fine del rapporto

La C. di Giustizia (sentenza del 19 aprile 2018 in C-645/16, CMR v Demeures) si è pronunciata in tema di contratti di agenzia in prova e relativa indennità affermando il seguente principio:

“L’articolo 17 della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, dev’essere interpretato nel senso che la disciplina dell’indennità e del risarcimento ivi prevista, rispettivamente ai paragrafi 2 e 3, è applicabile nel caso in cui la cessazione del contratto di agenzia commerciale abbia luogo nel corso del periodo di prova pattuito nel contratto stesso”

Il caso riguardava un contratto di agenzia concluso fra due società francesi, la Conseils et mise en relations (CMR) sarl di Ferrières-en-Gâtinais e la Demeures terre et tradition (DTT) sarl di Baule, entrambe nel Loiret (Orleans). La prima s’impegnava a promuovere per la seconda la vendita di casette unifamiliari ed il contratto (concluso nel dicembre del 2011) prevedeva 12 mesi di prova, con possibilità di recesso dando un preavviso di 15 giorni il primo mese e 30 gg. successivamente, oltre ad un target di 25 vendite/anno.

Nel giugno 2012, la DTT recede dal contratto lamentando che la CMR aveva procurato sin ad allora un solo affare. La CMR riteneva che il recesso fosse illegittimo ed avviava un causa avanti il Tribunal de Commerce di Orleans lamentando danni (che le venivano riconosciuti). La sentenza veniva poi parzialmente rivista in appello: la corte, in particolare riteneva legittimo il recesso (stante il mancato evidente raggiungimento degli obiettivi) e non riteneva fosse spettante alcun indennizzo alla CMR perché il recesso era avvenuto durante la prova.

La questione finiva in Cassazione che rinviava alla Corte di Giustizia Europea per un’interpretazione della norma di cui alla direttiva 86/653.

In definitiva, quindi:

a) il fatto che la direttiva sia silente sul tema, va intesa come assenza di un divieto. Le parti quindi sono libere di convenire un patto di prova.

b)  un contratto di agenzia ha inizio nel momento in cui viene perfezionato, anche se sottoposto a prova.

c) la mancata prosecuzione del contratto a seguito di insoddisfacente prova non rientra fra i casi sopra citati, e quindi non può esser considerata motivo valido per privare l’agente del suo diritto all’indennità finale/risarcimento del danno ex art. 17 della direttiva.

PREAVVISO

Ultima nota: la Corte non si è pronunciata in tema di preavviso ed eventuale indennità sostitutiva nei contratti sottposti a periodo di prova (non era oggetto di domanda). Se la prova ha un senso, è quello di permettere ad una parte di chiudere il rapporto con immediatezza. La giurisprudenza italiana è senz’altro orientata nel permettere la chiusura immediata del rapporto, in caso di non superamento della prova.

Peraltro, anche i termini di preavviso minimi previsti dalla direttiva sono qualificati come inderogabili (art. 15) e non si vede perché non dovrebbero esser trattati come il diritto all’indennità. Però, se venissero giudicati tali, che senso avrebbe sottoporre il contratto a prova? La Cassazione, sulle orme della giurisprudenza d’oltralpe, si è espressa (sent. 544 del 22-1-1991, Fideuram) nel senso che la ratio del patto di prova è quello di “subordinare la definitività del rapporto al superamento della prova entro il periodo a tal fine pattuito“. Già la sent. 233 del 21-1-1985 aveva parlato (con riferimento al lavoro subordinato) del fatto che la prova “crea nelle parti contraenti soltanto una funzione di reciproca aspettativa, rispetto al vincolo stabile, collegata ad una fase temporale durante la quale entrambi i contraenti hanno modo di accertare la reciproca convenienza a stipulare il contratto definitivo“.

Ma ora questo è stato sconfessato – almeno in tema di agenzia – dalla Corte di Giustizia e se cade il presupposto teorico, non vediamo come possa stare in piedi la conseguenza che tradizionalmente ne vien tratta, cioé che il contratto in prova legittimamente possa prevedere un “recesso assolutamente “libero” nel senso indicato (cioè un recesso svincolato dall’obbligo di dare alla controparte il prescritto preavviso o di pagare l’indennità sostitutiva)”.

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Author: Carlo Mosca

A lawyer specializing in international commercial transactions. Lexmill's owner.

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