La Corte di giustizia UE è recentemente tornata sull’indennità finale prevista a favore dell’agente, a ristoro dell’avviamento creato in corso di rapporto a favore della mandante. Come noto, tale diritto è stato introdotto una trentina di anni fa da una direttiva comunitaria, la 658/1986[1] il cui art .17(2)(a) così recita [sottolineature nostre]:

L’agente commerciale ha diritto ad un’indennità se e nella misura in cui:
– abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente abbia ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
– il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente commerciale perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

La Corte di giustizia si è espressa su una particolare declinazione della norma: che succede se i “sostanziali vantaggi” di cui parla sono stati generati grazie all’azione di un sub-agente? La decisione è stata presa il 13/10/2022 nel caso C 593/21 (NY v Herios) su rinvio della Corte di Cassazione belga in un caso riguardante agente e sub-agente di quel paese. Ovviamente è d’interesse anche per le imprese italiane, considerata l’applicabilità generale del diritto dell’Unione e delle decisioni della Corte.

Il caso riguarda una sub-agenzia per la promozione in Belgio dei prodotti di panificazione della ditta tedesca Poensgen.

La Herios sprl/sarl di Eupen (BE) aveva preso l’esclusiva per Belgio, Francia e Lussemburgo e nel 2009 aveva iniziato ad avvalersi del sig. M.H. (indicato in sentenza come NY), come suo (sub)agente. Con la fine del 2016 il rapporto fra Pensgen e Herios termina e quest’ultima chiude conseguentemente anche con NY (cui non viene pagata alcuna indennità, visto che Herios è uscita dal mercato e non può certo dirsi possa godere di “benefici sostanziali” generati dall’attività di M.H.).

Quando, qualche mese dopo, Pensgen e Herios convengono su una certa somma a titolo di indennità finale a favore di Herios, il sig. M.H. – che nel frattempo è subentrato a Herios come nuovo agente diretto dei tedeschi – si sente ingiustamente tagliato fuori e pretende a sua volta da Herios una buonuscita. Siccome non è possibile trovare un accordo amichevole, M.H. fa causa a Herios, ottiene soddisfazione in primo grado, ma si vede dar torto in appello (Liegi, 16/01/2020). In tale sede, i giudici sottolineano sia (i) che, nell’ottica di M.H., quanto incassato da Herios non può esser considerato “beneficio sostanziale” sul quale vantare diritto all’indennità; sia (ii) che non sarebbe comunque equo riconoscere a M.H. un’indennità, visto che continua a lavorare per Pensgen.

La questione finisce quindi in Cassazione, la quale come visto, rinvia (10/09/2021) alla Corte di Giustizia per avere indicazioni su come vada interpretato l’art. 17 della direttiva 653/86 nel particolare caso in questione. In parole semplice: deve o no un’indennità pagata all’agente principale esser considerata “beneficio sostanziale” al quale rapportarsi per il calcolo dell’eventuale indennità di un sub-agente?

E la Corte di Giustizia si pronuncia affermativamente:

“L’indennità di cessazione del rapporto corrisposta dal preponente all’agente principale nella misura della clientela procurata dal sub-agente può costituire, in capo all’agente principale, un sostanziale vantaggio.”

dato che il concetto di “beneficio sostanziale” di cui alla Dir. 563/86 deve abbracciare tutte le utilità di cui il mandante (nel nostro caso l’agente principale, Herios) continua a godere dopo la fine del rapporto, grazie all’azione dell’agente (nel nostro caso, il sub-agente M.H.).

In base a tale principio, M.H. avrebbe quindi il diritto di ricevere, da parte di Herios, un’indennità adeguata. Tuttavia, vi è anche il fattore equitativo, da considerare:

“Tuttavia, il pagamento di un’indennità di cessazione del rapporto al sub-agente può essere considerato iniquo, ai sensi di tale disposizione, qualora quest’ultimo prosegua le sue attività di agente commerciale nei confronti degli stessi clienti e per gli stessi prodotti, ma nell’ambito di un rapporto diretto con il preponente principale, e ciò in sostituzione dell’agente principale da cui era stato precedentemente incaricato.”

Ipotesi tutto sommato analoga – anche se a noi pare rientri più nella previsione del primo trattino dell’art. 17(2)(a) – dice la Corte richiamando la Relazione presentata dalla Commissione nel 1996[2] – a quella in cui l’agente si ‘porta dietro’ i clienti, lavorando con un altro mandante.

 

Chi fosse interessato a ricevere (gratuitamente) copia integrale delle decisioni commentate, scriva a newsletter@lexmill.com.

 

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[1] Direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (GUCE 1986, L 382, pag. 17).

[2] Relazione sull’applicazione dell’Art. 17 della direttiva del Consiglio relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti – COM96) 364 def.

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Author: Carlo Mosca

A lawyer specializing in international commercial transactions. Lexmill's founding partner.

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